Tutto ha avuto inizio circa 10 anni fa. Per coloro che già allora operavano nel mercato fotovoltaico, quel periodo appare come mitico. Le sensazioni sono ancora vivide anche se la ragione tende ad identificarle come sogni. Ma davvero quel periodo è stato favoloso: migliaia di persone che si convertivano al solare, fiumi di soldi, schemi incentivanti estremamente generosi, profitti da record e la volontà di guadagnare sempre di più. Sembrava la corsa all’oro del XIX secolo, o più vicino ai nostri giorni, una bolla di mercato destinata ad esplodere.
E così è stato, la bolla è esplosa violentemente. La deflagrazione ha spazzato via decine di società con un modello di business difettoso, con una struttura finanziaria e tecnologie che hanno risucchiato miliardi di dollari sia di investitori pubblici che privati. A ciò è seguito un periodo di estrema riduzione dei prezzi, dai margini e dai consolidamenti assai risicati.
Svariati anni dopo assistiamo ad un fenomeno in Italia che rappresenta un ottimo spunto di riflessione per il nostro settore, sempre pronto a concentrarsi sulla riduzione dei prezzi dei moduli.
Rese da excel vs rese reali – quello che il prezzo del modulo non dice
L’Italia era uno dei maggiori mercati a livello globale prima che le generose tariffe incentivanti venissero via via ridotte fino a farle sparire, in modo da raffreddare il mercato. A circa due anni di distanza dal repentino cambio del mercato, assistiamo ad una tendenza, descritta dalla parola “Revamping” e che identifica quelle centinaia di migliaia di pannelli dalle rese insufficienti che devono ora essere sostituiti. Perché? Perché le previsioni di resa non sono soddisfatte, il che pone il piano economico dell’investitore a rischio. E questo rappresenta solo la punta dell’iceberg fatta di investitori che guardano alle rese con estrema attenzione. Cosa ne è del resto, di quelli che hanno investito nel fotovoltaico, ma non hanno la formazione o non sono attrezzati per valutare se il loro è stato un investimento valido?
La questione è in effetti spinosa. Se da un lato siamo sempre pronti a commentare gli effetti positivi relativi allo sviluppo del settore, dall’altro siamo meno inclini a fare della sana autoanalisi. Dev’essere questo il motivo per cui non si fa una grande pubblicità di questi argomenti.
Tornando indietro a quegli anni favolosi, se si volesse dare una spiegazione logica a quanto accaduto, si potrebbero considerare svariate ipotesi, per esempio la scarsità nel mercato di moduli fotovoltaici di qualità. Ma se indaghiamo più approfonditamente e diamo per vera la poca esperienza dei produttori di pannelli, la risposta è in realtà semplice e assai più diretta. Già a quei tempi, quando la redditività era alle stelle, i prezzi dei moduli non erano mai abbastanza bassi. Ad un certo punto, era così comodo aggiustare al ribasso il modello di business, da farci dimenticare alcuni punti fondamentali.
Quello che si vede è l’unica cosa che c’è e l’errore dell’eccessiva presunzione
Sappiamo che la vista può imbrogliare gli altri sensi. Possiamo quindi immaginare che similitudini tra l’aspetto esteriore del modulo e i valori contenuti nelle schede tecniche abbiano indotto la maggioranza degli investitori a pensare che tutti i moduli fossero uguali
Daniel Kahneman è uno psicologo che ha dedicato tutta la sua carriera allo studio del processo decisionale. Le sue ricerche hanno contribuito a mitigare il concetto predominante di comportamento razionale dell’individuo nella teoria economica e gli sono valse un Nobel per l’Economia nel 2002. Nel suo libro “Pensieri lenti e veloci” riassume decadi di studi nelle Scienze cognitive e nei processi decisionali. Ma cosa possiamo imparare da questo che possa illuminare la situazione del nostro settore?

Kahneman teorizza che l’essere umano decide adoperando due sistemi localizzati nel cervello. “Il Sistema 1 opera automaticamente e velocemente, con poco o nessun controllo volontario. Il Sistema 2 ripartisce l’attività mentale, inclusi calcoli complessi. Quando pensiamo a noi ci identifichiamo con il Sistema 2, ovvero con quella parte di noi cosciente, che ha delle convinzioni, compie scelte e decide cosa pensare e cosa fare. Sebbene il sistema 2 ritenga di essere il luogo dove risiede l’azione, è in realtà il Sistema 1 che genera facilmente impressioni e sentimenti sulle quali deliberatamente basiamo i credo del Sistema 2”.
Alla fine la ricerca ha dato ragione a Spinoza e al concetto filosofico da lui espresso nel XVII secolo: non ci piace qualcosa perché riteniamo sia buono. Ci piace qualcosa e per questo riteniamo sia buono.
Kahneman conia l’acronimo WYSIATI- What You See Is All There Is (quello che si vede è l’unica cosa che c’è) per spiegare il predominio del Sistema 1 nel processo decisionale e per sottolineare il fatto che la maggior parte delle nostre decisioni vengono prese senza che abbiamo a disposizione tutte le informazioni necessarie.
La “WYSIATI” facilita il conseguimento della coerenza e dell’agio cognitivo che ci porta ad accettare un’affermazione come vera. Spiega perché abbiamo pensieri veloci e come siamo capaci di dare un senso ad informazioni parziali in un mondo complesso.” Ma la WYSIATI espone anche una lunga lista di errori di giudizio e di scelta, inclusa l’eccessiva presunzione. “La qualità e quantità delle prove hanno un valore pressoché nullo in presenza della fiducia in se stessi. La fiducia che noi esseri umani riponiamo nelle nostre convinzioni dipende in gran parte dalla qualità della storia che sappiamo raccontare su cosa vediamo, anche se vediamo poco”
Le argute conclusioni a cui è giunto Kahneman ci invitano a fare un passo indietro e a ragionare sul nostro processo decisionale. La natura umana e la sua naturale inclinazione ad andare oltre a ciò che è ragionevole è sempre stata al centro del pensiero, dal mito della torre di Babele alla teoria dell’Euforia Irrazionale del Premio Nobel Robert Shiller.
Siamo sempre stati ragionevoli nel settore fotovoltaico? Probabilmente no. Nessuno è perfetto, ma esserne coscienti ci rende già migliori.
Abbiamo imparato la lezione – attenzione alla definizione “Beni di Consumo”.
I moduli fotovoltaici sono spesso considerati beni di consumo. Questo termine è ampiamente usato nel settore finanziario. Investopedia definisce il concetto di bene di consumo come “ bene di base usato nel commercio, sostituibile con prodotti dello stesso tipo”. Ed eccoci finalmente al punto. Se il costo dei pannelli fotovoltaici è così importante, è perché i pannelli sono considerati alla stregua di beni intercambiabili tra loro. Ma lo sono veramente oppure è una storia che ci piace raccontarci per semplificare una realtà più complessa?
In effetti c’è complessità e know-how nella produzione dei moduli. Ma se abbiamo solo una scheda tecnica a dare un senso al prodotto, allora è vero che quello che vediamo è tutto quello che c’è. Il prezzo non percepirà necessariamente tutte le sfaccettature e nemmeno il Costo Totale di Possesso del prodotto potrà coglierle. I beni di consumo esistono solo se li accettiamo. Il caso Italiano del Revamping dimostra che le differenze ci sono. Ecco perché abbiamo ancora bisogno di iniziative come quella del PVDI del Fraunhofer Institute per meglio simulare, valutare e capire cosa accade durante il ciclo vita di un pannello.
Non dimentichiamoci, poi, che gran parte del peggio è stato installato durante la fase di consolidamento del settore, sottoposto ad una forte pressione per tagliare i costi di produzione, con tutte le conseguenze che possiamo immaginarci sulla qualità. Se da un lato non abbiamo sicuramente bisogno di dipingere il quadro più nero di quello che in realtà è, dall’altro dobbiamo mantenere un occhio vigile, come fa la serie Pecora Nera della rivista PV Magazine ad esempio. Per evitare di indulgere in un cieco ottimismo che nega comportamenti discutibili nel settore e che tende a mettere tutto e tutti sullo stesso piano, possiamo solo invitare coloro che stanno valutando un fornitore a cancellare la parola “bene di consumo” dal proprio vocabolario. Possiamo chiedere loro di cogliere la complessità del prodotto facendo domande, accumulando esperienze e conoscenze, ovvero praticando l’unico esercizio possibile per non cadere nella trappola del “ quello che vedi è tutto quello che c’è”.
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